Lo storytelling è una realtà che ci circonda quotidianamente.
Tutti i giorni prendiamo decisioni che inconsciamente sono influenzate da terze persone.
Ascoltiamo le notizie al TG. Ascoltiamo racconti di amici e parenti, o di persone a noi sconosciute.
Questo perché il racconto dell’esperienza di altre persone è ciò che più ci tocca e su cui riusciamo più a immedesimarci.
Persino le scelte più semplici sono frutto di influenza:
La meta di una vacanza ad esempio. Ciò che ci dà la sicurezza nello scegliere una determinata destinazione, sono i racconti di persone che già ci sono state.
Oppure la spesa. Siamo più predisposti a comprare un prodotto che magari ci è stato consigliato, rispetto ad un altro a noi sconosciuto…
Persino l’indossare la mascherina è frutto di influenze. I racconti di persone che hanno perso familiari o amici… sono questi che ti danno la vera motivazione e che più ti toccano.
Allora perché se lo storytelling ha questo potere non lo usiamo nel mondo del lavoro?
Non per, come molti possono pensare, a fine di persuasione, ma per indirizzare verso una strada più certa, una strada su cui possiamo rivederci – a chi è mai piaciuto, ad esempio, l’effetto sorpresa nell’acquisto di un prodotto?! – tutto ciò a scopo di emozionare, coinvolgere attraverso la narrazione.
Infatti, come prima accennato, quando compriamo qualcosa su internet, passiamo diverso tempo a vedere le recensioni. Proprio perché testare l’esperienza di altri, ci dà maggiore sicurezza.
Per questi motivi, i brand che hanno adottato e stanno adottando il marketing storytelling, sono sempre di più.
Un esempio perfetto è la Nike.
Nel 2019, per celebrare i 25 anni del suo payoff “Just do it”, ha fatto partire una campagna pubblicitaria che vede come protagonista il giocatore di football americano Colin Kaepernick.
Una campagna sempre a fini commerciali, sviluppata però in una direzione narrativa ed emozionale.
Clicca qui per vedere la campagna.
Se hai visto il video, non c’è altro da aggiungere…
Insomma, lo storytelling è un mondo da scoprire, ma descritto in poche parole e come avrete capito, sta nel:
Emozionare, narrare e rispecchiarsi in storie altrui.
Se riflettiamo infatti, vediamo che emozionare e narrare sono l’uno il sinonimo dell’altro.
Invece, un esempio perfetto per quest’ultimo termine – rispecchiarsi – è la pubblicità dell’Iphone.
L’Iphone ha giocato sulla potenza della fotocamera, riferendosi a tutti coloro che amano fotografare, e facendo in modo che queste persone, attraverso una narrazione semplice e lineare, potessero avere il prodotto adatto alle loro esigenze e riuscissero a immedesimarsi alla storia raccontata dal brand.
Ciò che rende la narrazione unica e differente dal semplice esporre o raccontare un fatto, è che il suo scopo è emozionare coloro a cui ti riferisci.
Come per tutte le cose, la scrittura narrativa deve seguire una struttura ben precisa:
- Esposizione situazione iniziale
- Descrizione dei personaggi
- Un conflitto
- Risoluzione del conflitto.
La narrazione deve essere un viaggio che riesce a coinvolgere il lettore, ed in più, capace di far avvenire una trasformazione del pensiero e della visione del lettore stesso.
Dal momento in cui l’ascoltatore vi dimostrerà che siete riusciti a intercettare i suoi bisogni, anche attraverso una semplice call to action, allora capirete che la vostra storia ha avuto successo.
E ricordate, per fare storytelling non servono racconti epici, complicati o unici… Anzi, ciò che attrae, coinvolge e fa sì che ci si immedesima, è la semplicità.